“…La parola parlata è una gesticolazione complessa, della possibilità praticamente inesauribile, di indicazione verbale che bene si accorda con quella altrettanto infinita del pensiero“ (L. Longhi: Neuropsichiatria – p. 82).
Con il linguaggio, appare anche il problema del pensiero e dei suoi rapporti con la gesticolazione verbale. Come qualsiasi altro gesto umano, anche questo è originariamente compreso nell’ambito del ”significare“ , cioè nel rappresentare “i momenti fondamentali dell’esistere“ (Dasein, Zuhandensein, Vorhandensein di M. Heidegger).
Momenti che propongono “…nella analisi del linguaggio, oltre la presenza dell’ “Altro”, come scopo del messaggio, anche gli aspetti della “utensilità” (Zuhandenheit di M. Heidegger), come dimensioni funzionali della “corporeità” fruibile… Ossia capace di organizzarsi intorno al “significare” (L.Longhi: Afasia pp. 501 – 503).
L’afasia, come patologia del linguaggio, non può essere compresa solo nei termini della neurologia tradizionale, bensì deve anche essere considerata come una patologia del trascendimento del gesto linguistico nelle due dimensioni di: recupero costante della funzione del “significare” e dell’esperienza del “rapporto dialogico” con gli altri ( M. Buber ).